"Vengo a pedirte el favor de que me acompañes a vender la casa. No tuvo que decirme cuál, ni dónde, porque para nosotros sólo existía una en el mundo: la vieja casa de los abuelos en Aracataca, donde tuve la buena suerte de nacer y donde no volví a vivir después de los ocho años.."
"Vengo a chiederti il favore di accompagnarmi a vendere la casa. Non fu necessario che mi dicesse quale era la casa e dove stava, perché per noi ce ne era una sola al mondo: la vecchia casa dei nonni ad Aracataca, dove ebbi la fortuna di nascere e dove tornai a vivere dopo gli otto anni.."
Gabriel García Márquez, "Vivir para contarla", 2002
Le prime pagine della sua autobiografia "Vivere per raccontarla", iniziano con l'evocazione del ricordo che García Márquez fa di quando accompagnò sua madre a vendere la casa dei nonni materni ad Aracataca, una cittadina di circa 38.000 anime nel nord della Colombia. Sua madre, che non lo vedeva da molto tempo, lo va a cercare a Barranquilla dove lui vive e gli chiede "il favore di accompagnarla a vendere la casa". Ma, come aggiunge subito Garcia Marquez, non fu necessario specificare di quale casa si trattasse perché "per noi ne esisteva una sola al mondo: la vecchia casa dei nonni ad Aracataca, dove ebbi la fortuna di nascere e dove non tornai a vivere che dopo aver compiuto otto anni."
E' in questa casa che ha preso forma, se è vero che i luoghi hanno il potere di influenzare il nostro mondo immaginario e le nostre emozioni, l'universo fantastico e magico del più famoso scrittore latinoamericano. E' lui stesso a ricordare nella sua autobiografia che: "più tardi, quando iniziai a leggere Faulkner, anche i paesi dei suoi romanzi somigliavano ai nostri. E non era da sorprendersi, dato che erano stati costruiti sotto l'influenza messianica della United Fruit Company (...). Io li ricordavo tutti con la chiesa nella piazza, le casette prese da un racconto di fate e dipinte con colori sgargianti..."
Aracataca è il paese dove lo scrittore era nato, il 6 marzo 1927. La casa della sua infanzia, conta quattordici stanze sulle cui pareti sono state riportate molte citazioni prese dai romanzi ed è stata convertita in una casa-museo. Va detto subito che la casa che oggi si visita non è quella originale ma una ricostruzione, in quanto quella dello scrittore colombiano fu demolita più di quaranta anni fa. Si è dunque proceduto a ricostruirla così com'era, sulla base di molte fonti e descrizioni e, tra queste, anche quelle che il premio Nobel per la letteratura fa nella sua autobiografia. E' stata aperta al pubblico a marzo 2010 e Garcia Marquez ha dichiarato più volte che Macondo, il villaggio inventato che fa da sfondo a Cent'anni di solitudine, è ispirato ad Aracataca.
Dopo aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1982, Garcia Marquez tornò ad Aracataca nel 2007, su invito del governo colombiano, come omaggio per gli ottant'anni dello scrittore e i quarant'anni trascorsi dalla pubblicazione di Cent'anni di solitudine, libro che ebbe da subito un successo enorme, consegnandogli fama e riconoscimento planetario, dato che vendette oltre mezzo milione di copie nei primi tre anni ed è stato tradotto in più di venti lingue.
Riguardo al suo stile di scrittura, conosciuto come realismo magico, e sul quale sono stati versati fiumi di inchiostro, è interessante il parere di un grande del reportage giornalistico, Ryszard Kapuscinski, che dichiarò una volta che, sebbene ammirasse moltissimo i suoi romanzi, la sua grandezza era nei reportages giornalistici da cui provengono i romanzi; "Il suo grande merito è dimostrare che il grande reportage può essere grande letteratura". Quanto a lui, Garcia Marquez, ha dichiarato più volte che il suo stile e la sua vocazione letteraria provenivano dal modo in cui sua nonna gli raccontava le storie e da Kafka. Un articolo del Pais del 17 aprile 2014, scritto in occasione della morte dello scrittore colombiano, riporta che una volta un suo amico, Plinio Apuleyo Mendoza, gli chiese negli anni '70: "E' stata tua nonna a farti scoprire che saresti diventato scrittore?", Garcia Marquez rispose: "No, è stato Kafka che raccontava in tedesco le cose allo stesso modo in cui le raccontava mia nonna. Quando lessi a diciassette anni La metamorfosi, scoprii che sarei diventato scrittore. Pensare che Gregorio Samsa poteva svegliarsi una mattina e scoprire di essersi trasformato in un gigantesco scarafaggio, mi fece pensare: 'Io non sapevo che questo fosse possibile farlo. Ma, se è così, scrivere mi interessa".
Di lui, il grande poeta cileno premio Nobel, Pablo Neruda, disse una volta: "E' stato la più grande rivelazione per la lingua spagnola dai tempi del Don Quichotte".